Ecrù Firriato - il respiro della terra

Lettore, scrittore, assaggiatore, sperimentatore. Mi piace leggere, scrivere, parlare di cucina e naturalmente mangiare. Il vino è una parentesi felice. I noiosi degustano, i curiosi bevono, i cercatori riempiono il bicchiere di emozioni.

Siamo giunti dunque all’estate.

Per molti un traguardo, per alcuni un sogno, per gli amanti del vino e i gastronauti, un vero e proprio laboratorio.

È questo dunque il momento che precede la vendemmia del 2018, in cui il prezioso frutto delle bacche darà il pregiato nettare. Mentre scrutiamo, con irresistibile curiosità, sulle nostre applicazioni smartphone, il meteo per capire quale sarà il nostro destino, in riva al mare, nell’unica vacanza che ci siamo concessi; lasciamoci cullare dall’inebriante colore di un sogno.

Sì perché l’estate è innanzitutto questo: il tempo di una pausa, la piacevolezza di un incontro, quattro chiacchiere con gli amici, un’amena serata passata dinanzi ad un buon vino.

 

Spesso ci sentiamo porre questa domanda: bianco o rosso?

Beh, il consiglio che vorrei darvi questa volta è écru.

Un colore differente che richiama alla mente l’accordo della terra e del sole, il legame armonico tra estate e natura.

L’espressione più alta di questa liaison è appunto un vino dolce, un passito IGT Sicilia , che porta proprio il nome di questo colore.

L’ho scoperto quasi per caso, durante una piacevole cena in compagnia. Un vino dunque da fine pasto ma se si desidera anche un vino da riflessione, anzi oserei dire un nettare che accende il pensiero e lo porta verso lidi lontani che profumano di natura.

Il vitigno è lo Zibibbo, l’espressione va ben al di là dei prodotti commerciali che troviamo sugli scaffali dei grandi supermercati. L’idea è tutta impressa nella tipologia di produzione che recita “ passito per infusione “ che più che un metodo è un dono per il palato del consumatore.

 

L’idea è quella di un prodotto che concentri lo zucchero, per appassimento al vento e al sole.

Il risultato è un colore tra terra ed oro, tipica espressione della poliedrica atmosfera dei vini siciliani.

Con questo prodotto si può dunque affermare che ci troviamo innanzi ad una Sicilia che esplode nell’universo olfattivo e sensoriale del degustatore.

Cosa lo caratterizza e cos’ha di differente da altri passiti, presenti nell’isola?

La risposta è il viaggio.

La caratteristica dominante è quella del recupero della memoria, quasi un percorso alla Proust attraverso tutto ciò che può esprimere la Sicilia e la sua “ sicilianitudine”: zagare, miele di acacia, mandorle, olio di oliva.

Emergono con prepotenza nella memoria, le stradine strette dei borghi siciliani, persino il profumo di mare, di reti calate al largo.

Estrema carezza finale, la punta di acidità dettata dal profumo di lumie, agrumato, fresco, sapientemente bilanciata dalla nota salmastra e vellutata ed un equilibrio armonico con una persistenza finale in bocca che regala un ultimo fugace istante floreale, un gelsomino dolcissimo che chiude i ricordi, in uno scrigno prezioso.

Il messaggio che esprime questo vino è: prenditi il tuo tempo, impara a vivere di sole e di ombra, lasciati sedurre dall’effimero.

Un prodotto curato dal punto di vista della comunicazione e dell’etichetta che si inserisce nel filone dei grandi passito siciliani che riflettono il tentativo riuscito da parte degli isolani di imprimere al vitigno, probabilmente una reminiscenza della dominazione araba, il carattere del ricordo e del sogno.

Differente dai soliti passiti, anche da quelli noti, dai “mostri sacri”della viticoltura siciliana, per espressione e per colore.

Qui è la terra, l’accento dominante, con tutta la sua dote naturale.

Poca frutta candita, poca albicocca ed eccessivo dosaggio zuccherino ma tanta mineralita’, quasi una finestra sul mare, quella sensazione carezzevole di abbandono al respiro della terra.

 


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Cin-Cin!

 

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