Com’esuli pensieri nel vespero migrar
“ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor dei vini
l’anime a rallegrar.”
(G. Carducci, S. Martino, 1883)
Questi versi storici della letteratura italiana hanno per me un significato particolare, legato ai primi ricordi di infanzia riconducibili al vino.
Troppo semplici da imparare a memoria con tutti quei rimandi a sensazioni e atmosfere a me molto familiari se ripenso all’antico borgo materno in Puglia, in cui l’11 Novembre, S. Martino, è per eccellenza la festa del vino.
In realtà molte altri eventi di Vino hanno luogo in Puglia, ma San Martino sicuramente rappresenta il più classico dei classici.
L’aspro odor dei vini si poteva avvertire pungente al naso di un bambino, inebriante a quello di un adulto, con un odore frammisto di vinacce esauste da distillazioni di contrabbando casalinghe.
Perché avere la grappa “nuova” a Natale era un “must”.
Ricordi di mio nonno sull’uscio della sua bottega (oggi la chiameremmo stanza degli hobbies), che passava i pomeriggi a chiacchierare con reduci di guerra e vecchie maestranze di paese, ormai in pensione, a zonzo con vecchie biciclette per le vie sgangherate di sampietrini nel borgo antico di cui sopra.
Ricordo quelle sedie di legno impagliate sulle quali mi mettevano a sedere a guardare mentre in cantina si travasava il vino, senza fare troppe domande e senza disturbare, altrimenti mi avrebbero spedito in cucina, con le “femmine”, ad aiutare la nonna a pulire erbette di campo.
Sono passati molti anni da quel lontano autunno del 1982. Di lì a due anni quella bottega non avrebbe più esalato il suo aspro odor dei vini, i reduci di guerra e le vecchie maestranze, tra cui mio nonno, avevano deciso di godersi il meritato riposo.
Panta rei
Recentemente ho chiesto a mia madre: “mamma, ma il nonno il vino non lo sbagliava mai?”.
La risposta è stata:
“Sempre. Al massimo a Febbraio il vino era già pronto per l’insalata”.
Sono scoppiato a ridere e l’anima si è rallegrata di nuovo.
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Cin-Cin!