Dietro al vino c’è un mondo fatto di uomini e lavoro e che molto spesso sfugge al consumatore finale, ignaro di alcuni processi tali come la microssigenazione del vino, fondamentale per il miglioramento organolettico dello stesso.
La microssigenazione consiste nel lento rilascio dell’ossigeno nel vino, sia bianco che rosso.
È importante che l’enologo conosca a fondo in quali fasi è opportuno intervenire e in che modo.
Si tratta di una tecnica usata da secoli anche se è stata approfondita e messa a punto dal francese Patrick Ducourmau, tra il 1989 e il 1993, un viticoltore che osservò il cambiamento del vino reso più ricco, più colorato e più stabile.
Come avviene la microssigenazione del vino
Si distinguono due fasi:
- Strutturazione: durante questa prima fase il vino assume più colore e aumenta anche il suo carattere tannico;
- Armonizzazione: questa seconda fase fa sì che i vini si ammorbidiscano, acquistando più aromi.
È dunque uno strumento fondamentale applicato sia in fase fermentativa che in fase affinamento, in quest’ultimo caso detta anche sur lie.
L’affinamento sur lie in particolare era una tecnica utilizzata in passato prevalentemente per produrre vini bianchi fermentati in barrique.
Oggi viene utilizzata indipendentemente per la produzione di bianchi e rossi di qualità.
La quantità di ossigeno da dissolvere nel vino dipende da diversi fattori, se il vino è bianco o rosso, la temperatura, se presenta altri gas all’interno e così via.
Ma come funziona davvero la micro-ossigenazione?
È un processo un po’ complicato per i non addetti, ma cerchiamo di spiegarlo in maniera semplice.
I fenoli reagiscono con l’ossigeno e ossidano l’etanolo ad acetaldeide, una molecola quest’ultima che consente di stabilizzare i polifenoli e antociani, riuscendo in definitiva a migliorare il vino a livello cromatico e a dargli maggiore struttura.
La microssigenazione si esprime in mg/L/mese e avviene somministrando ossigeno in piccole quantità ma in modo continuo, in recipienti di materiale inerte o in legno, che a differenza della macrossigenazione, si esprime in mg/L/giorno e si caratterizza per la somministrazione dell’ossigeno in un’unica soluzione.
Se l’ossigeno viene somministrato in modo intermittente si rischia l’ossidazione.
La microssigenazione può essere anche di finitura, ovvero viene effettuata 20 giorni prima dell’imbottigliamento per favorire un migliore equilibrio organolettico del vino.
In questo caso si avrà l’accortezza di effettuare una preventiva analisi sensoriale per evitare i soliti pericoli legati all’ossidazione.
Il dosaggio
Per effettuare il rilascio graduale e costante dell’ossigeno vengono adoperati degli strumenti adeguati.
Il microssigenatore può essere un’apparecchiatura molto semplice così come molto sofisticata in grado di rilasciare decimi fino a milligrammi di ossigeno per litro.
Il cuore dell’apparecchio è il dosatore.
L’ossigeno viene rilasciato in vasca attraverso la candela microporosa che produce bollicine piccolissime che si disciolgono in maniera rapida nel vino.
Durante l’affinamento in particolare è opportuno assaggiare con frequenza il vino per controllare appunto l’evoluzione dei tannini, degli antociani e dell’acidità nel suo complesso.
Normalmente ad esempio nell’affinamento sur lie si somministra una quantità molto bassa di ossigeno che varia da 0.2 a 1 mg/L/mese.
In una barrique da 225 litri normalmente vi entrano in un anno da 20 a 30mg/L di ossigeno.
I vini rossi migliorano decisamente con il processo di microssigenazione, grazie alla maggiore presenza in essi di polifenoli.
Si stima in generale che i quantitativi di ossigeno da rilasciare varino da 5 a 10 mg/L/mese.
È chiaro che l’enologo terrà in considerazione diversi fattori prima di procedere con la microssigenazione, non da ultimo la destinazione del vino stesso.
Infatti se il vino verrà consumato giovane riceverà un trattamento diverso rispetto ad uno che subirà l’affinamento.
Infine in fase di finitura il dosaggio consigliato è di circa 0.2 – 0.5 mg/L/giorno per 2-4 giorni.
Considerazioni finali
Fondamentale la temperatura del vino che deve attenersi sui 10-12° altrimenti le reazione chimiche desiderate avvengono in maniera troppo lenta e si rischia di disciogliere nel vino troppo ossigeno.
Allo stesso tempo anche la vasca deve essere di dimensioni adeguate per permettere all’ossigeno di entrare in contatto con il vino ma non con la sua superficie.
Per fare un esempio: se il vino è molto strutturato avrà bisogno di più ossigeno e il periodo della microssigenazione può essere più lungo; al contrario se il vino è poco strutturato il periodo sarà più breve con un minor rilascio di ossigeno per evitare l’ossidazione.
Esistono due casi per cui viene esclusa in ogni caso la microssigenazione:
- Presenza di contaminanti microbiologici, come Brettanomyces e batteri acetici;
- Mosto facilmente ossidabile.
Inoltre, la microssigenazione deve avvenire quando nel vino non c’è anidride solforosa, quindi tra la fine della fermentazione alcolica e prima della fermentazione malolattica.
“L’ossigeno è il più acerrimo nemico del vino, ma è proprio l’ossigeno a fare il vino, che invecchia per anni sotto la sua influenza” – Louis Pasteur
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