Essendo il mio primo articolo vorrei prima presentarmi.
Sono Nicola Campostrini, abito a Domegliara un piccolo paese in provincia di Verona nella Valpolicella classica.
Di formazione sono laureato in scienze psicologiche però grazie a qualche esperienza lavorativa durante Vinitaly per un’azienda marchigiana mi sono innamorato di questo immenso e “pazzo” mondo.
Sommelier AIS da circa un anno, tra poco WSET 2, gestisco l’export di una piccola cantina nella Valpolicella Orientale.
Giusto perché non mi piace star tranquillo ho deciso anche di aprire un mio piccolo spazio su Instagram creando la pagina @theitalianwineboy, dove poter condividere semplicemente le mie esperienze enologiche durante i miei viaggi sottoponendo, per divertimento, qualche wine – poll su temi di cultura generale.
Amo l’Italia e tutto quello che ha da offrire, le sue microculture che cambiano nel raggio di 10 km, mi affascinano i dialetti, l’arte e l’architettura che ci circondano in ogni paese e, ovviamente, la nostra cucina e le infinite espressioni del vino dalle Alpi alla Sicilia.
In questo spazio vorrei raccontare dal punto di vista “interno” quelle che possono essere le manifestazioni vinicole a livello mondiale alle quali partecipo da produttore.
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Partiamo quindi da Prowein Dusseldorf 2018 terminato il 20 Marzo scorso.
Giunto alla 24° edizione accoglie ogni anno più di 30 mila visitatori provenienti principalmente da Europa ed America. Da qualche anno, vengono organizzati eventi “satellite” in Asia: Shanghai, Singapore ed Hong Kong.
Prowein Dusseldorf, come tutte le altre soluzioni, accoglie solamente addetti al settore – importatori e distributori – veramente da tutto il mondo diventando la più importante fiera vinicola a livello mondiale.
Tanti gli espositori da paesi quasi sconosciuti al mondo del vino: Georgia, Romania, Cina. Questi paesi ovviamente sono affiancati da colossi vinicoli come Italia, Francia e Spagna che la fanno da padroni.
Nei pochi momenti liberi nei quali riuscivo a girare tra i padiglioni (principalmente italiani e francesi) ho notato una partecipazione a gaussiana, un unico picco di invasione degli addetti al settore preceduto e succeduto dalla totale assenza di partecipanti, mancavano solo le classiche palle di fieno da Far West e i produttori di spumanti che si sfidavano a colpi di sciabolate o sommelier che si combattevano l’ultimo bicchiere di vino.
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La cosa più lampante agli occhi di un addetto al settore è la seguente: mancavano gli asiatici.
Gli anni scorsi, le fiere europee erano invase da importatori provenienti dall’estremo oriente.
A partire da quest’anno anche agli asiatici piace stare comodi, ormai non sono più loro a cercare noi produttori europei, ci aspettano letteralmente a braccia aperte nelle principali capitali orientali.
Voglio lasciarvi con un take home message sul quale riflettere: se i paesi produttori non sono più i soliti e il polo commerciale trainante si è spostato in Asia, quale può essere il futuro della viticultura europea “classica”?
Quale può essere inoltre il futuro delle piccole aziende vinicole incapaci di affacciarsi al mercato asiatico per mancanza di possibilità economiche e/o commerciali?
Siamo di fronte a un’industrializzazione anche del mondo del vino nel quale solamente i grandi gruppi vinicoli potranno accaparrarsi una fetta di mercato asiatico?
Dal 15 al 18 apre la 52° edizione di Vinitaly 2018, lì si tireranno le somme commerciali per il 2018, a chi legge questo articolo il compito di notare il tipo di partecipanti.
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